Comprendere il proprio ruolo e le proprie responsabilità all’interno di un “sistema” è qualcosa che abbiamo imparato fin da piccoli. Che fosse la famiglia, la scuola, il lavoro o una squadra di calcio per una partita tra amici, abbiamo scoperto che non sempre le cose procedono secondo le nostre aspettative. Nell’ambito familiare potremmo esserci lamentati per una cena preparata in ritardo o per un piatto che non ci piaceva, mentre allo stesso tempo abbiamo trascurato di preparare la tavola o di lavare i piatti dopo aver mangiato.
Purtroppo, a volte i cristiani si comportano in questo modo. Se i cantici non corrispondono ai loro gusti musicali, se la predicazione non li emoziona, se le attività non sono accattivanti, diventano apertamente critici e possono perfino abbandonare la comunità. Questi credenti si aspettano che le cose vengano fatte per loro, ma non cercano un’opportunità per servire la Chiesa per l’edificazione di tutti i credenti e fare la propria parte.
È chiaro che una chiesa dovrebbe edificare i suoi membri, ma ciò non significa che esista soltanto per servirli. La comunità è anche il luogo dove ogni suo singolo membro dà il proprio contributo per l’edificazione comune (cfr. Efesini 4:14-16).
Invece di avere una mentalità da consumatori o, peggio ancora da “spettatori”, i membri di una comunità dovrebbero assumere un’ottica diversa in vista di un contributo spirituale (cfr. Romani 14:19). Se ogni cristiano si considerasse più un cooperatore che un consumatore, ci sarebbero meno crisi spirituali e più riunioni di culto incoraggianti (cfr. II Corinzi 13:11).
Non dobbiamo vivere sulle spalle degli altri in una sorta di “assistenzialismo spirituale”, ma possiamo contribuire per il bene di tutti nel dare (cfr. Atti 20:35). La stessa Parola di Dio ci dice che dobbiamo “provvedere alle necessità dei santi” (cfr. Romani 12:13) e a farlo con semplicità e gioia (cfr. Romani 12:8).
“Provvedere” significa più che “dare” e non meno che dare
La parola “provvedere” significa molto di più che offrire semplicemente del denaro, ma quello di contribuire nel sostegno, nell’aiuto, nel servizio (cfr. Atti 9:36-41; Ebrei 6:10). Commentando Romani 12:13, il pastore Martyn Lloyd-Jones spiega:
Paolo suggerisce di non limitarsi a offrire per le necessità dei santi, ma a entrare in comunione con loro, diventate loro collaboratori e condividere impegni e sforzi. In altre parole, dobbiamo sentire che il peso altrui è anche il nostro, che le difficoltà del prossimo sono allo stesso tempo le nostre. Entriamo in una sorta di partnership con loro in tutto e per tutto.[1]
Poiché apparteniamo gli uni agli altri (Romani 12:4, 5), i credenti si aiutano a vicenda perché “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui” (I Corinzi 12:26). L’apostolo Paolo non sta cercando di ispirare nei lettori un generico sentimento filantropico, ma esorta i credenti a donare sé stessi per il corpo di Cristo che è la Chiesa (Romani 12:1, 2). I “santi” che compongono ogni comunità sono quelli che sono stati salvati per grazia in Cristo Gesù e trasformati per opera dello Spirito Santo, diventando Figli di Dio (cfr. I Corinzi 1:2; Efesini 2:19).
Paolo esorta i credenti a fare “del bene a tutti, ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10). Un’espressione tangibile del nostro amore per Cristo è la cura che esprimiamo verso i fratelli in fede che si trovano in difficoltà (I Giovanni 3:16-18). Amy Carmichael, missionaria in India, una volta disse: “Si può dare senza amare, ma non si può amare senza dare”. Poiché apparteniamo a Dio e gli uni agli altri, dimostriamo il nostro amore e la nostra appartenenza contribuendo ai membri della famiglia quando questi sono in difficoltà (I Giovanni 4:20, 21; Giacomo 2:14-16).
L’esempio della chiesa delle origini
La Chiesa, al suo esordio in Gerusalemme, fu un modello di questa virtù. Molti cristiani del primo secolo erano allontanati dalle loro famiglie e perseguitati dalle autorità religiose. Spesso restavano senza beni di prima necessità come cibo, vestiti e alloggio (cfr. Ebrei 11:37). Così la Chiesa divenne la loro nuova famiglia che provvide alle necessità primarie.
Non soltanto i credenti dell’epoca vendettero i loro beni, ma distribuirono il ricavato a chiunque ne avesse bisogno (Atti 2:45). Avevano “ogni cosa in comune” e condividevano i loro beni personali perché avevano “una ricchezza migliore e permanente” (Ebrei 10:34). Luca ci dice che “Non c’era nessun bisognoso fra loro, perché tutti quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano il prezzo delle cose vendute, e lo mettevano ai piedi degli apostoli” e poi il ricavato “era distribuito a ciascuno, secondo il bisogno” (cfr. Atti 4:32-35).
Questi credenti avevano compassione dei loro fratelli e sorelle nel bisogno e anche per questo avevano “il favore di tutto il popolo. E il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati” (Atti 2:47). La generosità della chiesa divenne una potente testimonianza evangelistica.
Come fare la propria parte
Provvedere alle necessità dei santi, e contribuire agli svariati bisogni di una comunità locale di cui si è membri, significa molto di più che fare un’offerta domenicale (cfr. Tito 2:14; 3:14). Quali sono i modi pratici per contribuire alle necessità dei santi?
Unirci a una chiesa locale. Diventa molto più difficile provvedere alle necessità dei santi se viviamo il nostro cristianesimo nell’anonimato e nell’isolamento. Dobbiamo unirci a una chiesa locale sana, dove il Vangelo è predicato. Unendoci a una chiesa locale, ci impegneremo ad amare persone diverse da noi e che altrimenti non avremmo mai conosciuto (Romani 15:5-7).
Impegnarci a frequentare regolarmente la chiesa. Non possiamo contribuire alle necessità di santi che non conosciamo o con cui non abbiamo mai parlato. Uno dei tanti motivi per riunirsi regolarmente con la propria chiesa è quello di trovare l’opportunità di amare gli altri compiendo le buone opere (Ebrei 10:24, 25; Efesini 2:10; Tito 3:8). Impegniamoci quindi a partecipare alle riunioni domenicali della nostra chiesa. Impegniamoci a partecipare alle riunioni di preghiera, agli studi biblici e alle evangelizzazioni. Più saremo coinvolti, più scopriremo le opportunità che esistono per offrire la nostra vita e rispondere a necessità reali (cfr. Galati 5:6; I Timoteo 6:17-19).
Pregare per i membri della chiesa. Frequentando fedelmente le riunioni della nostra chiesa, il Signore ci offrirà l’opportunità di pregare per i membri che ne fanno parte (Efesini 6:18; Filippesi 4:6). Se la chiesa ha un elenco di membri che si trovano in difficoltà, preghiamo regolarmente e sistematicamente per essi (cfr. Romani 12:12). Mentre preghiamo, il Signore ci farà venire in mente necessità e opportunità di servizio mentre veniamo a conoscenza dei pesi e delle richieste di preghiera dei vari membri (Giacomo 5:16).
Rimanere fedeli alla nostra vocazione. Dobbiamo impegnarci nella preghiera, ma anche a mantenere costanti le nostre intenzioni e le nostre cure verso gli altri (cfr. II Tessalonicesi 1:11; II Pietro 1:10), come fecero i filippesi nei confronti di Paolo (cfr. Filippesi 4:10). Allo stesso tempo, però, non dobbiamo tralasciare le nostre responsabilità quotidiane (cfr. I Tessalonicesi 4:11, 12; II Tessalonicesi 3:6-8, 11). Efesini 4:28 dice: “Chi rubava non rubi più, ma si affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi ne ha bisogno”. Diamoci da fare e lavoriamo sodo per non essere un peso per gli altri e per essere di benedizione per gli altri con le nostre risorse (cfr. Romani 12:13; I Timoteo 6:17, 18).
Condividere i nostri pesi e necessità. Ci saranno momenti in cui avremo bisogno dell’aiuto degli altri credenti (cfr. Galati 5:13; Giovanni 13:14, 34). I membri della famiglia dei credenti non possono aiutarci se non conoscono le nostre necessità. Dio ha creato la Chiesa in modo che i suoi membri portino i pesi gli uni degli altri, permettiamo che i nostri fratelli e le nostre sorelle ci aiutino nel momento del bisogno condividendo con loro i nostri pesi (Galati 6:2).
Dare priorità alla nostra comunità. Mettiamo deliberatamente “da parte” la nostra offerta man mano che prosperiamo (cfr. II Corinzi 8:12-15). E poi doniamo fedelmente, proporzionalmente, allegramente, generosamente e con sacrificio (cfr. I Corinzi 16:2; II Corinzi 8:1-5, 12; 9:6, 7).
Contribuire significa dare gloria a Dio
Che cosa succede quando provvediamo alle necessità dei santi? Paolo dice: “Poiché la prestazione di questo servizio sacro non soltanto supplisce ai bisogni dei santi ma più ancora produce abbondanza di ringraziamenti a Dio, in quanto la prova pratica fornita da questa sovvenzione li porta a glorificare Dio per l’ubbidienza con cui professate l’Evangelo di Cristo e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti” (II Corinzi 9:12, 13).
Quando le necessità altrui sono soddisfatte, il ringraziamento abbonda, l’ubbidienza si manifesta, la chiesa viene edificata e Dio viene glorificato! Questo sarà, inoltre, motivo di buona testimonianza per il mondo (cfr. I Pietro 2:12).
Quando provvediamo alle necessità dei santi, ci assicuriamo un tesoro per noi stessi per il futuro (I Timoteo 6:17-19). Mentre serviamo, attendiamo con grande aspettativa il giorno in cui il nostro Re ci dirà: “Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:23, 31-45).
[1] D. M. Lloyd Jones, Romani: Commento al capitolo 12 – La condotta del cristiano (Carlisle, PA: Banner of Truth Trust, 2000), 409.

I Sentieri Biblici sono delle serie di studio e approfondimento pensate per indicare la “via della vita”
a ogni credente desideroso di trovare nella Bibbia quella parola
“utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (II Timoteo 3:16).
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“l’incontro con la Parola di Dio”, per rimanere sempre più “attaccati alla Parola fedele” (Tito 1:9) e praticare il “non oltre quel che è scritto” (I Corinzi 4:6).