In tutte le epoche Dio si è compiaciuto di usare le cose pazze di questo mondo. In I Corinzi 1:27-29, Paolo parla di cinque cose di cui Dio si serve:
“Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti, Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose sprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, affinché nessuno si vanti di fronte a Dio”.
Notate le cinque cose menzionate. Dio usa cose pazze, cose deboli, cose ignobili, cose sprezzate e cose che non sono. Per quale motivo? Perché nessuno si vanti di fronte a Dio. Quando siamo deboli, allora siamo forti.
Saremo forti quando sapremo di essere deboli
Spesso pensiamo di non avere abbastanza forza. In realtà, ne abbiamo troppa. È quando sentiamo di non avere forza sufficiente che desideriamo che Dio ci usi e operi attraverso di noi. Se ci affidiamo alla potenza di Dio, abbiamo più forza di tutto il mondo. L’umanità non sarà raggiunta dalla mera forza intellettuale. Quando ci rendiamo conto di non avere forza, tutta la pienezza di Dio si riverserà su di noi. Allora avremo la vera potenza di Dio a nostra disposizione.
Nel libro dell’Apocalisse leggiamo che Giovanni pianse per ciò che vide in cielo. Vide un libro sigillato che nessuno era degno di aprire, leggere o guardare (Apocalisse 5:4). Abele, quell’uomo santo di Dio, non era degno di aprirlo. Enoc, che era stato portato in cielo senza passare attraverso la morte fisica, non lo era. Lo stesso valse per Elia, che salì su un carro di fuoco, e persino per Mosè, il grande legislatore, per Isaia o per qualsiasi altro profeta: nessuno fu ritenuto degno di aprire il libro. Vedendo ciò, Giovanni pianse molto. Mentre piangeva, qualcuno lo toccò e gli disse: “Non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, la radice di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli” (Apocalisse 5:5). Quando si voltò per vedere chi fosse questo Leone della tribù di Giuda, chi vide? Era un Agnello! Il Leone di Dio è un Agnello! Quando ci comportiamo da agnelli, Dio può servirsi di noi e rafforzarci per il Suo servizio. Tutti possiamo essere deboli, non è vero? Proprio in quei momenti di debolezza, affidiamoci alla potenza di Dio.
Tutti gli uomini che Cristo chiamò a sé erano uomini deboli, proprio come noi. Erano persone ordinarie, senza rango, senza titolo, senza posizione, senza ricchezza né cultura. Quasi tutti erano pescatori e uomini poco istruiti, eppure Cristo li scelse per fondare il Suo regno. Quando Dio volle liberare il popolo d’Israele dalla schiavitù, non mandò un esercito. Mandò un uomo solo.
Così, in tutte le epoche, Dio ha usato le cose più fragili del mondo per realizzare i Suoi propositi.
Talenti per tutti
In Matteo 25:14, 15 leggiamo che il regno dei cieli è simile a un uomo che parte per un paese lontano e chiama i suoi servi per affidare loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro ancora uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e poi partì.
È importante notare che diede “a ciascuno secondo la sua capacità”. Diede a ogni servo soltanto il numero di talenti che poteva amministrare e utilizzare. Alcune persone si lamentano di non avere talenti, ma ognuno di noi ha il numero di talenti che può utilizzare nel modo più adeguato. Se ci prendiamo cura di ciò che abbiamo, Dio ce ne darà altri.
Otto talenti furono distribuiti tra tre persone. Il padrone ne diede cinque a uno, due al secondo e uno al terzo. L’uomo partì per il suo viaggio e i servi compresero perfettamente che si aspettava che fossero diligenti anche con pochi talenti e che lavorassero con ciò che avevano a disposizione.
Dio non è irragionevole. Non ci chiede di fare ciò che è impossibile, ma dona secondo le nostre capacità e si aspetta che utilizziamo i talenti che abbiamo ricevuto.
Proseguendo nel brano, leggiamo:
“E colui che aveva ricevuto i cinque talenti, venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: ‘Signore, tu mi affidasti cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque’. E il suo padrone gli disse: ‘Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore’. Poi, presentatosi anche quello dei due talenti, disse: ‘Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due’. Il suo padrone gli disse: ‘Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore’” (Matteo 25:20-23).
Anche colui che aveva ricevuto solo due talenti li raddoppiò, ottenendo quattro talenti. Anche a lui il Signore disse: “Va bene, servo buono e fedele ... entra nella gioia del tuo signore”.
Se l’uomo che aveva ricevuto un solo talento avesse fatto fruttare quel talento, avrebbe ricevuto esattamente la stessa approvazione degli altri. Ma cosa fece? Lo mise da parte e lo seppellì. Questo è il modo in cui pensava di occuparsene.
Dopo essere stato via per molto tempo, il signore di questi servi tornò per confrontare i conti con loro. Cosa scopre nel caso del terzo servo? Ha un talento, ma niente di più.
Ho letto di un uomo che aveva mille dollari. Li aveva nascosti pensando di custodirli e conservarli per la sua vecchiaia. Dopo averli conservati per vent’anni, utilizzò i suoi mille dollari, ma se li avesse investiti, avrebbe potuto maturare degli interessi.
Ha commesso l’errore che molti fanno oggi nelle nostre chiese, ovvero non fanno fruttare i propri talenti. Nel corso della mia vita, girando per il mondo e confrontandomi con tanti credenti, ho notato che sono quelli che non hanno molto da fare a trovare più difetti degli altri. Se una persona è impegnata a investire i propri talenti, avrà troppo da fare per trovare difetti e lamentarsi degli altri.
Cosa facciamo per Cristo?
Dio ci ha offerto molte opportunità per servirlo e si aspetta che le utilizziamo. Ho sentito spesso dire: “Ho il diritto di fare quello che voglio con le mie cose”, perché le persone pensano che il loro tempo e i loro averi siano realmente di loro proprietà.
Un giorno, un mio amico si trovava accanto al letto di un ufficiale che stava morendo. Quest’uomo aveva ricoperto ruoli di grande responsabilità durante la sua carriera militare. Gli chiese se avesse paura di morire. Lui rispose subito: “Non ne ho. Non ho mai fatto del male a nessuno”.
L’altro replicò: “Se dovessi essere processato da una corte marziale come ufficiale e gentiluomo, suppongo che ti aspetteresti un’onorevole assoluzione”. Il vecchio morente si sollevò e, con la sua fragile e limitata energia, esclamò: “Lo farei”. “Ma non ti stai andando davanti a una corte marziale. Stai andando da Cristo e, quando ti chiederà: ‘Cosa hai fatto per me?’, che cosa gli risponderai?".
Il volto del militare si fece pensieroso. Con uno sguardo serio, guardò il suo amico e rispose con profondo rammarico: “Niente! Non ho mai fatto nulla per Cristo!”.
Il suo amico gli fece notare il terribile errore di vivere con la limitata consapevolezza delle nostre relazioni con gli altri e di dimenticare la nostra relazione con Dio. L’errore consiste nel pensare che non fare del male o, addirittura, fare del bene agli altri possa sostituire la nostra riconciliazione con Dio in Cristo e il vivere per Lui. Ma la domanda vera è questa: cosa hai fatto per Cristo?
Nei giorni successivi, l’uomo chiamò di nuovo l’anziano ufficiale e gli chiese: “Allora, caro signore, ha pensato a quanto ci siamo detti?”.
L’uomo rispose: “Sì, e riconosco di essere un peccatore”. Gli fu presentato Cristo e, non molto tempo dopo, si ravvide dei suoi peccati, chiese perdono a Dio e ottenne il vero riposo per l’anima sua.
Che fine terribile avrebbe fatto se avesse riposto la sua fiducia nella convinzione effimera di “essere a posto per non aver fatto male a nessuno”. Eppure, è proprio in questo “sentirsi a posto”, che genera una pace illusoria, che molti confidano, ma quando si ritroveranno a essere giudicati da Dio, scopriranno di essere stati ingannati.
Se vogliamo raggiungere questo mondo, sono convinto che dobbiamo farlo con uomini e donne che hanno pochi e umili talenti. Dopotutto, sono relativamente poche le persone al mondo che hanno grandi talenti. Un uomo ha un solo talento, un altro tre. Io potrei avere solo mezzo talento. Ma se ci impegniamo e utilizziamo i doni che abbiamo, il Signore ci farà prosperare. Possiamo raddoppiare o triplicare i nostri talenti.
Dobbiamo impegnarci attivamente nell’opera del nostro Maestro, ognuno costruendo la propria casa.
Più utilizziamo i mezzi e le opportunità che abbiamo, più le nostre capacità e possibilità aumenteranno.
Dwight L. Moody
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